Stupefacenti: art. 73 dpr 309/90, produzione, detenzione e traffico di stupefacenti, assorbimento o continuazione

detenzione e traffico di stupefacenti Tempo di lettura stimato: 9 minuti
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Avv. Marco Trasacco | In materia di stupefacenti, l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 ha natura giuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è configurabile allorché il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste e che, dall’altro, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile evoluzione della riparazione di continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Cassazione penale sez. II, 01/02/2019, ud. 01/02/2019, dep. 06/09/2019, n.37294).

Ai sensi dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, che prevede condotte tra loro alternative e concorrenti, potrà realizzarsi un assorbimento tra le stesse, che cosi perdono la loro individualità, quando queste si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate ad un unico fine, cosicché, se consumate senza una apprezzabile soluzione di continuità, devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato. Di contro, nel caso di scissione temporale tra due condotte, non potrà parlarsi di condotte plurime di un medesimo reato, ma di condotte diverse, suscettibili di essere avvinte dal vincolo della continuazione

In seguito la sentenza per esteso.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente –
Dott. IMPERIALI Luciano – rel. Consigliere –
Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere –
Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere –
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.C.S., N. IL (OMISSIS);
C.F., N. IL (OMISSIS);
CA.CO., N. IL (OMISSIS);
M.N., N. IL (OMISSIS);
MI.CO., N. IL (OMISSIS);
P.F., N. IL (OMISSIS);
S.S., N. IL (OMISSIS);
D.C.R., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 151/2018 CORTE APPELLO di BARI, del
12/03/2018;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/02/2019 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CARDIA Delia, che
ha concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
Udito il difensore avv. Pasculli Michele, per C.F.,
P.F. e D.C.R., che ha chiesto l’accoglimento dei
ricorsi.

Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bari con sentenza del 12/3/2018, pronunciandosi sui ricorsi proposti da D.C.S. ed altri nove imputati avverso la sentenza che li aveva riconosciuti colpevoli dei reati di estorsione aggravata, consumata e tentata, di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e di numerosi episodi di cessioni di stupefacenti, così come loro rispettivamente ascritti, ha confermato la sentenza di p. grado nei confronti di D.C.R., M.N., Mi.Co. e S.S., riformando invece la sentenza impugnata, quanto agli altri appellanti, solo in ordine al trattamento sanzionatorio.

2. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso personalmente C.F., D.C.S., D.C.R. e P.F. nonchè, a mezzo dei rispettivi difensori, M.N., Ca.Co., Mi.Co. e S.S..

2.1. M.N. a sostegno del ricorso ha dedotto:

2.1.1. Con il p. motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine ai due episodi di offerta in vendita di sostanza stupefacente di tipo nelle date 19/2/2015 e 8/3/2015, per i quali si assume che la Corte territoriale non si sarebbe uniformata alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui occorre particolare rigore nell’interpretare le conversazioni intercettate. Soprattutto con riferimento all’episodio del 19/2/2015, in particolare, il M. ha dedotto l’assoluta mancanza di motivazione in ordine all’asserita disponibilità di stupefacente da parte del ricorrente.

2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all’episodio di “offerta in vendita” e “cessione” di sostanza stupefacente in data (OMISSIS), assumendo trattarsi chiaramente di attività prodromica alla cessione di sostanza stupefacente in data (OMISSIS) per la quale è già intervenuta condanna irrevocabile.

2.1.3. Con l’ultimo motivo di ricorso ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dei presupposti per il proscioglimento ai sensi dell’art. 131 ter c.p. per la particolare tenuità del fatto, motivata solo con riferimento al particolare allarme sociale destato dai reati.

2.2. Mi.Co. ha sollevato tre motivi di impugnazione:

2.2.1. La violazione di legge ed il vizio dd motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dello stesso ricorrente che si assume affermata in violazione della regola posta dall’art. 533 c.p.p., ilei difetto di elementi idonei da dimostrare la responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio e senza seguire il principio secondo cui le conversazioni criptiche dovrebbero essere interpretate anche alla luce di elementi che confortino l’ipotesi accusatoria.

2.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle ragioni che hanno portato ad escludere la configurazione dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

2.2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio.

2.3. Ca.Co., a sostegno del suo ricorso, ha dedotto la mancanza di qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni per cui non si è proceduto ad un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione ed anche in ordine alla determinazione della pena.

2.4. S.S., a sostegno del ricorso, ha dedotto:

2.4.1. Con il primo motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della penale responsabilità sulla base del ritenuto linguaggio criptico delle conversazioni intercettate ed in assenza di sequestri, idonei anche ad escludere l’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 o comunque di elementi di riscontro dell’ipotesi accusatoria, sia con riferimento al capo d) che al capo e) della rubrica, in relazione al quale si assume che le conversazioni intercettate non avevano un significato univoco.

2.4.2. Con il secondo motivo il vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi proposti personalmente da C.F., D.C.S., D.C.R. e P.F. sono inammissibili: il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, infatti, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 c.p.p. dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, Rv. 272010).

4. In relazione agli altri ricorsi, deve invece riconoscersi la fondatezza del solo secondo motivo del ricorso proposto da M.N., con il quale lo stesso ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all’episodio di “offerta in vendita” e “cessione” di sostanza stupefacente in data (OMISSIS), assumendo trattarsi chiaramente di attività prodromica alla cessione della sostanza stupefacente in data (OMISSIS) per la quale è già intervenuta condanna. La stessa sentenza impugnata, infatti, (al fl. 17) riconosce, con riferimento alla sostanza stupefacente oggetto di conversazione intercettata il giorno (OMISSIS), che “la cessione non si verifica quel giorno, di qui l’episodio del (OMISSIS) per il quale il M. è già stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile” essendosi, invece, la cessione materialmente verificata il giorno successivo”.

La detenzione e l’offerta in vendita del giorno (OMISSIS), pertanto, avendo ad oggetto lo stesso stupefacente poi ceduto il giorno successivo, debbono ritenersi assorbite in tale cessione, in conformità al costante insegnamento di questa Corte di Cassazione secondo cui in materia di stupefacenti, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ha natura giuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è configurabile allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste e che, dall’altro, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Sez. 3, n. 7404 del 15/01/2015, Rv. 262421; Sez. 6, n. 230 del 17/11/1999, Rv. 215175).

Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata limitatamente all’episodio dell'(OMISSIS) di cui al capo L), ai sensi dell’art. 649 c.p.p. perchè già oggetto di giudicato.

5. I ricorsi proposti da Ca.Co., Mi.Co. e S.S., invece, sono inammissibili, al pari degli alteri motivi di ricorso proposti dal M., in quanto si discostano dai parametri dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 c.p.p..

5.1. La rinuncia del Ca. ai motivi del ricorso in appello relativi alla sua responsabilità, in particolare, determina l’inammissibilità della censura relativa all’omessa motivazione sul mancato proscioglimento del predetto imputato per taluna delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. in quanto, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati (Sez. 1, n. 43721 del 15/11/2007, Rv. 238686); peraltro, trattasi di censura inammissibile anche per la sua genericità, non avendo il ricorrente nemmeno specificato quale possa essere stata la causa di proscioglimento non rilevata dal giudice.

5.2. Anche i motivi di ricorso con i quali il Mi., il S. ed il M. contestano il riconoscimento della loro penale responsabilità sono inammissibili per la loro genericità, oltre che perchè rivolte ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, invece, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, Rv. 229369).

Peraltro, i predetti ricorrenti contestano l’interpretazione delle risultanze delle intercettazioni effettuate, assumendo che sarebbero possibili diverse e più prudenti interpretazioni di queste che, però, non indicano nei motivi di ricorso, il S., ad esempio, nemmeno indica quali possano essere le intercettazioni che, in relazione ai fatti di cui ai capi d) ed e) della rubrica, non avrebbero un significato univoco, nè quale sia il significato, diverso da quello attributo dai giudici di merito, che dovrebbe darsi alle non meglio specificate conversazioni intercettate: il ricorrente, invece, ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze. Anche sotto tale profilo, pertanto, si tratta di censure inammissibili, perchè prive dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indicano gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.

5.3. Anche in relazione ai motivi di ricorso con i quali il S. ed il Mi. contestano la mancata configurazione dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 deve rilevarsi la stessa causa di inammissibilità, non avendo i predetti indicato gli specifici elementi di prova su cui si cui si fonderebbe la prospettazione della lieve entità dei fatti. Peraltro, a tal proposito, il ricorso del Mi. nemmeno si confronta con il rilievo della sentenza impugnata secondo cui, anche in assenza di accertamenti tecnici sulla sostanza stupefacente, le somme corrisposte quale corrispettivo della sostanza sequestra erano di per sè incompatibili con una modica quantità delle medesime, nè la lieve entità del fatto appariva compatibile con le modalità di organizzazione dell’attività di spaccio e con i quantitativi a cui si faceva riferimento nelle conversazioni telefoniche: sotto tale profilo, pertanto, il motivo addotto deve ritenersi non specifico. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).

5.4. Sono inammissibili anche i motivi di ricorso con i quali il Mi. ed il Ca. si dolgono del trattamento sanzionatorio ricevuto, ed il S. del riconoscimento della recidiva.

Quanto al Mi., deve in primo luogo rilevarsi l’aspecificità della censura con la quale si contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, invece riconosciute sin dalla sentenza di primo grado, mentre la mancata esclusione della recidiva contestata al S. deve ritenersi adeguatamente giustificata dal richiamo ai “numerosissimi” precedenti penali del predetto, ritenuti senza vizi logici sintomatici di attuale ed allarmante pericolosità sociale.

La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142), ciò che – con riferimento ai predetti ricorrenti – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596).

5.5. E’ inammissibile, infine, anche l’ultimo motivo del ricorso proposto dal M., volto a contestare la ritenuta insussistenza dei presupposti per il proscioglimento ai sensi dell’art. 131 ter per la particolare tenuità del fatto: ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, infatti, il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., comma 1, ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647), sicchè deve ritenersi sufficiente il riferimento, nella sentenza impugnata, alle modalità della condotta ed al particolare allarme sociale che destano i reati contestati.

6. All’annullamento della condanna del M. limitatamente all’episodio dell'(OMISSIS) di cui al capo L) consegue l’eliminazione dell’aumento di pena determinato per tale reato, in continuazione e, conseguentemente, la rideterminazione della pena in mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed Euro 800,00 di multa.

7. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi di D.C.S., D.C.R., C.F., P.F., Ca.Co., Mi.Co., S.S. consegue, invece, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina equitativamente in Euro 2000,00 ciascuno.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’episodio dell'(OMISSIS) di cui al capo L) ai sensi dell’art. 649 c.p.p. perchè già oggetto di giudicato, e ridetermina la pena nei confronti di M.N. in mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed Euro 800,00 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso

Dichiara inammissibili i ricorsi di D.C.S., D.C.R., C.F., P.F., Ca.Co., Mi.Co., S.S. e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2019

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